Chi ha i figli al terzo anno della scuola secondaria di primo grado (la vecchia terza media), non parla d’altro: è ora di iscriverli alle superiori (secondarie di secondo grado), presentando la domanda per l’istituto prescelto. È un momento cruciale nella vita di una famiglia, spesso vissuto con trepidazione, soprattutto dai genitori. «Mai dimenticarsi, però, che la scelta deve essere fatta dai ragazzi», ricorda Francesco Dell’Oro, già responsabile del Servizio Orientamento Scolastico del Comune di Milano, autore di “Cercasi scuola disperatamente” (Urra – Feltrinelli): «I genitori, in questa avventura, sono indispensabili “compagni di viaggio”. Più efficaci se interiorizzano una semplice formula: fatto 100 l’affetto per i propri figli, le percentuali per esprimerlo si potrebbero quantificare in 60% stima e apprezzamento, 30% valori, 10% regole».
Il consiglio orientativo
Liceo scientifico a indirizzo scienze applicate o istituto tecnico trasporti e logistica? Gli interrogativi sono molti e gli strumenti per informarsi spesso non sembrano sufficienti. Un riferimento concreto è dato dal consiglio orientativo, ovvero dall’indicazione fornita dagli insegnanti delle medie già a dicembre su quale indirizzo di studi ritengono sia più congeniale per il ragazzo. Tale parere non è vincolante, se non per alcuni istituti che lo mettono tra i criteri di ammissione. Il consiglio degli insegnanti che conoscono i ragazzi da tre anni è importante, e infatti le statistiche sembrano confermarlo: gli studenti che seguono le indicazioni orientative dei docenti hanno, nella maggior parte dei casi, un esito positivo al primo anno del nuovo ciclo di studi. «Attenzione però ai falsi messaggi», mette in guardia Dell’Oro. «Troppo spesso insegnanti e genitori ragionano così: i più bravi al liceo, quelli un po’ meno bravi ai tecnici, chi ha difficoltà scolastiche agli istituti professionali, e i casi difficili alla formazione professionale. Un autentico pregiudizio, che configura una società divisa in poeti e meccanici, tra sapere e saper fare. Mentre va valorizzato un criterio più importante: la competenza. Le competenze investono tutti i corsi di studio e tutti i profili professionali: ragionieri e medici, idraulici e insegnanti, istituti professionali, tecnici e licei».
Valorizzare le potenzialità
La scelta, perciò, non deve basarsi solo sulle capacità e sulle difficoltà dello studente, ma sulle sue potenzialità, sul suo stile cognitivo, sui suoi interessi. La ricerca dell’indirizzo scolastico è importante per valorizzare i talenti. Per esempio: questo ragazzo si esprime meglio in attività in laboratorio. Questo significa non che è uno stupido o uno sfaticato, ma che esiste un modo per incanalare positivamente le sue potenzialità. Si appassiona ai meccanismi degli oggetti, oppure alle cause dei fenomeni naturali? Si emoziona alla vista di un’opera d’arte e desidera ricrearla? Chiede informazioni sulla Borsa? Ha facilità ad apprendere le lingue (o semplicemente i testi delle canzoni in inglese)? Alla risposta a queste domande potrebbe corrispondere il corso di studi giusto per vostro figlio. È importante poi ricordare quali sono le caratteristiche richieste dal mercato del lavoro ai diplomati:
• la capacità di lavorare in gruppo;
• l’abilità nel gestire i rapporti con i clienti;
• la capacità di lavorare in autonomia.
Per i laureati, si aggiunge l’attitudine a risolvere problemi.
Spesso persone che sono state pessimi studenti rivelano poi sul lavoro una grande capacità di esprimere professionalità. Evidentemente la scuola che hanno frequentato non è riuscita a intercettare capacità e competenze che il lavoro ha invece evidenziato. Chiedersi quale scuola possa aiutare il ragazzo a sviluppare tali caratteristiche rappresenta un ottimo criterio di scelta.
Aiutarli ad aiutarsi
La decisione deve essere dei figli, non dei genitori: questo va chiarito subito. Devono essere loro a scegliere, ma qualificando la loro scelta attraverso l’ascolto: degli insegnanti, dei genitori, dei servizi di orientamento scolastico e anche degli amici. Sull’ascolto, i genitori devono dare il buon esempio: troppo spesso sono convinti di sapere cosa pensino i loro figli e stoppano le loro parole con giudizi affrettati e pressioni indebite. I ragazzi hanno invece bisogno di relazionarsi senza sentirsi giudicati o banalizzati. Ci vuole tempo e disponibilità all’ascolto, perché possano sentirsi protagonisti e responsabili delle loro scelte.